La Fenice della discordia
(…) Soltanto alla terza rappresentazione si è potuto conoscere il dramma giocoso composto da Traetta nel 1758 su libretto di Goldoni, ispirato molto liberamente a una figura della tradizione popolare.
(…) In questa esile vicenda Goldoni inserisce giochi di travestimenti e riconoscimenti (Buovo torna in veste di pellegrino ed è riconosciuto dal suo cavallo), troviamo la quiete di bucolici addii e fughe precipitose, seri tormenti d’amore e il buffonesco espediente della finta morte di Buovo che offrono al musicista un tenero sfondo pastorale e una varietà di situazioni, di personaggi e di “affetti” tra il serio e il buffo. Tra i libretti di Goldoni, quello del Buovo d’Antona rivela una funzionalità che trova conferma nella felice eleganza e nella scioltezza con cui Traetta sa cogliere gli spunti offerti dal testo.
Di Tommaso Traetta (1727-1779), compositore pugliese di formazione napoletana, sono finora state riprese prevalentemente opere serie, perché nel secondo Settecento fu uno dei più significativi protagonisti delle istanze di rinnovamento in questo ambito (accanto a Gluck ed altri), maggiormente in ombra è rimasta la sua produzione comica o semiseria, e ha quindi particolare significato la prima ripresa moderna del Buovo d’Antona, che rivela un musicista molto dotato anche in questo ambito, certamente uno degli autori cui potrà guardare con maggiore interesse Mozart.
Alan Curtis è il primo artefice di questa riscoperta come revisore della partitura e come direttore della rappresentazione veneziana, alla guida di una compagnia di giovani che è apparsa garbata ma assai fragile, e di cui citeremo Howard Crook (Buovo), Giuseppe Zambon e Caterina Trogu-Rohrich; disastrosa l’idea di Curtis di affidare a un controtenore la parte di Drusiana, il personaggio femminile più interessante, per i cui tormenti amorosi Traetta ha creato musica bellissima. Corretta, ma poco incisiva la direzione di Curtis; la regia, le scene e i costumi di Pier Luigi Pizzi offrivano un contributo elegante e rispettoso ma piuttosto distratto alla rinascita del Buovo d’Antona.
L’Unità, Paolo Petazzi
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