La Pace di Mercurio
Il consiglio del conte fu seguito, anche con qualche larghezza: l’Accademia si incarnò in una grande cantata a tre voci con orchestra. Tutto fu preparato con grande cura; il destino, purtroppo, non volle però rendere il giusto agli sforzi bolzanini: poco dopo la celebrazione del matrimonio ad Innsbruck, infatti, mori l’imperatore (il 18 agosto); la famiglia tornò precipitosamente a Vienna, disponendo un periodo di lutto con divieto di ogni tipo di manifestazione (danza, musica, teatro). “La Pace di Mercurio” non fu eseguita, né, dato lo strettissimo carattere occasionale del testo, recuperata in altre occasioni; per non vanificare u lavoro fin u svolto, u Magistrato Mercantile dispose l’invio di diverse copie del libretto, più la partitura e le parti staccate, sia a Vienna (dove furono consegnate a Giuseppe II in occasione del suo onomastico il 19 marzo 1766) sia a Firenze, dove Pietro Leopoldo aveva assunto il governo del Granducato, lasciando cosi agli Asburgo un segno concreto e tangibile della propria devozione.
La “Pace di Mercurio” é una cantata, ossia una composizione per voce e strumenti, simile strutturalmente ad un ‘opera, ma di dimensioni più contenute e senza apparato scenico. La musica é opera di Tommaso Traetta (Bitonto 1727— Venezia 1779), compositore di formazione napoletana e di fortuna e fama internazionali (la sua carriera toccò, dopo Napoli e Roma, Parma, Torino, Mannheim, Vienna, Pietroburgo, Londra...), che fu uno dei musicisti che più contribuirono alla cosiddetta riforma del teatro musicale nel secondo Settecento, grazie al felice incontro tra la propria cultura teatrale, napoletana, con quella francese conosciuta a Parma, arricchite entrambe dal contatto con la tradizione tedesca. Traetta fu stimato da Gluck, che del resto anch’egli apprezzava, e da Haydn; quando fu scelto per la composizione della cantata era già affermato (anche a Vienna), era al servizio di Parma (corte borbonica, vicina alla Spagna ma anche agli Asburgo), e aveva qui composto anche Le feste d'Imeneo, «spettacolo teatrale» per il matrimonio del fratello maggiore di Pietro Leopoldo, Giuseppe, con Isabella di Borbone, celebrato a Parma nel 1760.
I cantanti furono scelti con cura: Camilla Mattei (Minerva), veneziana, aveva già alle spalle più di dieci anni di carriera; Andrea Grassi, soprano (Mercurio; castrato, come era normale all’epoca), napoletano, aveva pure esordito negli anni ‘50, e aveva anch'egli un’esperienza notevole ed internazionale; Giuseppe Tibaldi (Marte; 1729 – ca. 1790), bolognese, era un famoso tenore, apprezzato a livello europeo (più tardi cantò, ad esempio, nell’Alceste di Gluck nel 1767 e nell'Ascanio in Alba di Mozart nel 1771). Tibaldi era già ben noto a Vienna, e aveva tra l’altro sostenuto il ruolo di Toante nell'Ifigenia di Traetta del 1763; sempre a Vienna, all'inizio del 1765, era stato Marte nel Trionfo d'Amore, un'azione scenica rappresentata in occasione delle nozze (le seconde, essendo prematuramente scomparsa la prima moglie) di Giuseppe II con Maria Gioseffa di Baviera.
II testo poetico é opera di Zaccaria Betti (Verona 1732 - 1788), personaggio di un certo rilievo all'epoca: membro di almeno una ventina di accademie italiane (tra cui quella degli Agiati di Rovereto), era poeta e letterato, ma scrisse anche di storia, filosofia, geografia, economia... Il libretto ricalca schemi consueti per le composizioni occasionali: parte da un soggetto mitologico e lo carica di significati allegorici e, a volte, smaccatamente contingenti, arrivando a nominare esplicitamente i destinatari dell’omaggio poetico-musicale. I protagonisti sono Minerva, «dea delle Scienze», Mercurio, «dio del Commercio», e Marte, «dio dell’Armi», La cantata si apre con le recriminazioni di Mercurio, che si sente dimenticato e negletto perché gli uomini onorano solo chi si dedica alla guerra (cioè a Marte) o alle scienze (cioè a Minerva), trascurando il commercio (evidentissimo richiamo all'attenzione degli imperiali astanti perché si ricordassero della città di Bolzano, che sul commercio viveva). Minerva e Marte, dopo una serie di battibecchi, lo convincono che la causa di tutto non sono loro, ma Amore, che anzi ormai ha talmente preso piede da scalzare non solo il culto di Mercurio, ma anche il loro: l'unica cosa da fare é recarsi dalla coppia imperiale e accusare pubblicamente Amore. Marte denuncerà l’abbandono delle armi da parte dei guerrieri innamorati, e il fatto che le spade, invece che per combattere, vengano usate per incidere nomi muliebri; Minerva (denuncerà) il fatto che nei Liceo si insegni l’inevitabilità dell'amore e i poeti non cantino più le imprese eroiche di un Ulisse o di un Achille, ma solo le bellezze femminili. La prima parte si conclude con il duetto Minerva - Mercurio in cui i due presagiscono la sconfitta di Amore, Nella seconda parte assistiamo ad un brusco voltafaccia di Marte e Minerva; di fronte alle bellicose intenzioni di Mercurio, i due ritrattano tutto: Amore ha reso il mondo civile, Amore riunisce i popoli, crea nodi che recano prosperità: essi stessi sono diventati déi grazie a lui, Anche l’occasione in cui ora si trovano riuniti é dovuta ad Amore, che ha favorito l'unione del «pregio dell'Austria» con «l’onore de Iberia» e radunato tanti potenti; da questa felice occasione scaturiranno benefici per tutto il mondo e il commercio e le arti risorgeranno. Mercurio, alfine convinto, si rappacifica con Minerva e Marte: a Maria Teresa va il merito di aver reso possibile l’evento, destinato a restituire a Bolzano tutto il suo splendore.
Angela Romagnoli
La Pace di Mercurio
Cantata A' tre Voci
Direttore: Luigi Mangiocavallo
Orchestra: Ensemble Convivium Musicum (con strumenti orginali)
Minerva: Rossana Bertini (Soprano)
Mercurio: Elena Cecchi Fedi (Soprano)
Marte: Mario Cecchetti (Tenore)
Progetto e realizzaione Musicale: Franziska Romaner
Consulenza musicologica: Angela Romagnoli
Produzione: Messe Bozen - Fiera Bolzano e RAI sede di Bolzano
Traetta.com ringrazia il Dott. Reinhold Marsoner, Direttore della Feria di Bolzano per la sua collaborazione.
<< Home